di
Alberto Torsello

Il risultato di un «AverCura» gli antichi greci lo indicano con frontízein, che vuol dire anche «riflettere, pensare, considerare» oppure «essere preoccupato, in sollecitudine», ben distinguendolo da therapeúein che invia alla parola “terapia”, vale a dire a quell’insieme di pratiche mediche che servono a liberare gli uomini dai loro malanni.

La Cura nel senso proprio di AverCura”.

Vale a dire un donarsi che va ben oltre il semplice zelo nel fare, l’attenersi alle regole o il misurare scrupolosamente i gesti.

L’ “AverCura” implica il possesso di una specifica competenza, vale a dire la disponibilità dei mezzi e delle cognizioni per costruire il risultato, e comporta pure un rigore che mette al bando qualsiasi sciatteria o leggerezza nel fare. Richiede, infine, un obbligo di responsabilità verso noi stessi e verso l’oggetto della Cura. E’ necessario che la Cura abbia la forza del sacrificio volontario del soggetto, del suo immolarsi totalmente all’oggetto. In ciò la Cura conferisce particolari qualità alle cose create, dando origine alle differenze tra quelle indiscutibilmente “belle” e le altre, alle occasioni per distinguerle e giudicarle, per accoglierle o rigettarle.

C’è differenza tra il semplice guardare e il vedere, proprio come c’è differenza tra udire e ascoltare, oppure tra parlare dire. Il vedere, l’ascoltare e il dire comportano una speciale forma di attenzione, di concentrazione, che coinvolgono un AverCura” che va ben oltre il semplice meccanismo del guardare, dell’udire o del parlare. E ciò vale non soltanto per l’architettura e le arti, giacché la cura del fare e del giudicare è la stessa che ci permette di identificare la qualità di un vecchio cascinale, di un muro a secco, di un’area coltivata o di un utensile costruito con paziente dedizione. Pure il contadino e l’artigiano danno forma all’opera e a se stessi immergendosi nelle acque della Cura, sin dalla età dell’apprendistato. È la medesima Cura che investe la danza, il canto o il paesaggio antropizzato, sino a conferire pregnanza e bellezza perfino al linguaggio della scienza e della politica. È sempre la Cura che nutre le creazioni della natura, i suoi fenomeni, i suoi processi di trasformazione.

Il restauro si pone come insieme di discipline che hanno come presupposto l’“AverCura” del Bene.